LA CHIESA DEL SACRO CUORE di Gesù in Prati

 

 

La Chiesa del S. Cuore di Gesù (detta una volta del Suffragio) al Lungotevere Prati in Roma, aperta al culto nel 1917, è uno dei rari edifici gotici della città e unico nel suo genere.

Al momento della sua inaugurazione e anche in seguito, molti si domandarono come mai si fosse dato corso alla costruzione di un simile edificio a Roma. L'ing. Giuseppe Gualandi, di Bologna, che progettò e diresse la costruzione della Chiesa, fin nei minimi particolari, risponde così: « la scelta dello stile è stata determinata da due ragioni: dalla predilezione che il francese padre Vittore Jouët, fondatore e primo direttore dell'opera del suffragio, aveva per lo stile gotico, del quale in Francia esistono esemplari di gran bellezza; e dalla ristrettezza del terreno sul quale la Chiesa doveva sorgere. Lo stile gotico, a preferenza d’ogni altro stile, consentiva un edificio in cui si sarebbe ottenuto il massimo dello spazio utile, con il minimo di materiale necessario alla costruzione ».

 

La facciata

 

All'esterno la Chiesa, sovrastata dalla mole del Palazzo dell'Opera Nazionale Combattenti, e dalla poco distante massa colossale del Palazzo di Giustizia, appare più piccola di quanto in realtà non sia. Tuttavia il colore cinerino chiaro di tutto l'edificio, ne fa risaltare la presenza, pur tra le grosse costruzioni che l'inquadrano.

La facciata cui danno slancio tre finestroni a sesto acuto, il più ampio dei quali, quello centrale, circoscrive nella sua ogiva, un grande rosone di buon effetto decorativo, è notevole per l'abbondanza di guglie, d’archi, di trafori e per le numerose statue, di grandezza quasi naturale, distribuite entro piccole edicole o sostenute da mensole pensili, che danno a tutto l'insieme movimento e vita.

Le statue sono così distribuite: in alto, al centro del timpano Nostra Signora del Sacro Cuore; a sinistra, in ordine discendente, s. Giuseppe, s. Pietro

 

Descrizione della facciata. G. GUALANDI: La facciata della Chiesa

Apostolo e s. Agostino. A destra, sempre in ordine discendente, s. Giovanni Evangelista, s. Paolo Apostolo e s. Odilone di Cluny. Accanto al rosone centrale, sulla sinistra, s. Michele Arcangelo, s. Domenico di Guzman e s. Francesco Saverio; sulla destra s. Vittore martire, s. Francesco d'Assisi e s. Nicola da Tolentino. Le due statue, isolate al centro, rappresentano s. Margherita M. Alacoque e s. Caterina da Genova. A fianco del finestrone di sinistra, s. Bernardo da Chiaravalle e s. Gregorio Magno (sotto le sembianze di Benedetto XV); a fianco del finestrone di destra, s. Patrizio e s. Antonio da Padova. Le statue sono tutte opera dello scultore bolognese Orsoni e rappresentano quei Santi che maggiormente zelarono la devozione del suffragio per le Anime del Purgatorio. Lo stesso dicasi dei Santi effigiati nelle vetrate e ai quali sono dedicati gli altari all'interno della Chiesa.

Sotto i finestroni si aprono le tre porte decorate da timpani a bassorilievo e da colonnine di marmo rosso di Verona.

Un'elegante cancellata in ferro battuto, opera del Maccaferri, completa la decorazione della facciata e ne custodisce la parte inferiore.

Tutto l'esterno della Chiesa (fiancate con archi rampanti, abside, sacrestia) nella struttura e nei motivi ornamentali, è ispirato alla facciata, alla quale richiama anche nei particolari.

 

 

 

 

L'interno

 

L'interno - lunghezza 39 metri, larghezza ed altezza 20 metri - intonacato e tinteggiato a calce, a bande rosse e grigie, ha una sua coerenza strutturale, basata sull'originale e appariscente fondale architettonico-pittorico di un trittico monumentale, che conclude ed occupa l'abside, verso il quale convergono le linee di tutto l'edificio. L'illuminazione attenuata, pacatamente diffusa, che piove dalle alte finestre della navata centrale, fa risaltare, nella mezza luce del tempio, i vivaci colori e l'oro risplendente del grande trittico absidale, creando un’atmosfera raccolta, propizia al silenzio e alla preghiera, che conquista chiunque s'affacci, anche per breve tempo, nell'interno della Chiesa.

Le tre navate sono divise da fasci di pilastri, sui quali sono impostati altissimi archi a sesto acuto. Le pareti perimetrali sono decorate, al di sotto delle finestre, da panneggiamenti verde scuro, che danno la sensazione di arazzi finemente tessuti. Al di sopra del panneggiamento corrono frasi latine, tratte dalla S. Scrittura e dalla liturgia, disegnate, in caratteri dorati gotici, molto ornamentali.

Il pavimento, a rettangoli di marmo di Verona a due colori, disposti a spina di pesce. Semplice ed elegante nelle tre navate, più ricco e più vario, quasi un vistoso tappeto marmoreo, nel presbiterio dell'altare maggiore e dei due altari laterali. Le balaustre, con basi e capitelli di bronzo e colonnine di alabastro, completano la decorazione delle tre absidi, in modo vivace e decoroso. (In anni recenti è stata asportata la balaustra dell'altare maggiore, insieme con l'originale pulpito, notevole opera d'intarsio marmoreo, che nell'intenzione del Gualandi - autore del disegno - doveva interrompere e avvivare con la ricca varietà dei colori marmorei, l' uniformità della navata centrale).

 

La navata di destra

 

Le vetrate della navata di destra, vivacemente policrome, che recano le figure di 12 Santi, esemplari per la devozione delle Anime del Purgatorio, sono state riprodotte su cartoni di Giuseppe Catani, entro schemi predisposti da Giambattista Conti. I Santi raffigurati, due per finestra, sono, a partire dal fondo della Chiesa: S. Francesca Romana e S. Caterina da Genova; S. Brigida e S. Ambrogio; S. Bonaventura e S. Tommaso d'Aquino; S. Efrem e S. Pier Damiani; S. Giovanna d'Arco e S. Sebastiano; S. Roberto Bellarmino e S. Francesco di Sales.

Lungo le pareti della navata sono addossati gli altari dedicati a S. Michele Arcangelo la cui originale immagine si deve al pittore Alessandro Catani;S. Margherita Maria Alacoque (opera di G. B. Conti).

Accanto all'ingresso della sagrestia, un piccolo trittico rappresentante l'Addolorata fra due Angeli (opera di Beatrice Lucci de Angeli), copre la figura disegnata dalle fiamme dell'incendio che, nel 1897, distrusse l'altare di una preesistente cappella dedicata alle Anime del Purgatorio.

Nella piccola abside della navata si trova l'altare dedicato a S. Giuseppe, sormontato dall'immagine del Santo, dipinto dal pittore romano Giuseppe Brugo.

 

La navata centrale

 

La navata centrale è dominata e illuminata dal grande trittico absidale che esprime visivamente la dottrina cattolica sul Purgatorio («compendio visivo della dottrina cattolica sul Purgatorio» - lo definì Benedetto XV), come una pagina aperta per l'edificazione e la pietà dei fedeli. L'importanza e l’imponenza del dipinto(Il S. Cuore e le Anime Sante del Purgatorio diG. e A. Catani) vogliono richiamare i fedeli alla specifica finalità per cui è stato eretto il santuario: la preghiera di suffragio per le Anime del Purgatorio. Stilisticamente l'architetto Gualandi ha voluto riscattare, nell'abside maggiore, con un trionfo di oro, di colori e di marmi, di cui il grande quadro è la massima componente, i toni poveri ed opachi del cemento usato in tutta la costruzione.

L'altare maggiore, ricco di marmi pregiati e di bronzi dorati, ha al centro il tabernacolo, pregevole lavoro di oreficeria, donato dagli iscritti all'Arciconfraternita del S. Cuore del Suffragio, che ha la sua sede centrale nella Chiesa, a testimonianza della loro pietà e per abbellire il centro più importante della sede romana della loro Associazione.

La grande tela, dipinta dai pittori fiorentini Giuseppe e Alessandro Catani, è inserita in una cornice tricuspidale (alta dal pavimento ben 11 metri) in legno dorato, di grande effetto, della quale l'architetto Gualandi (che ne disegnò personalmente le linee) ha inteso fare il punto di convergenza di tutto l'ambiente architettonico.

Il dipinto vuole illustrare la devozione del suffragio, nei suoi motivi, nei suoi mezzi e nei suoi effetti. Al centro, in alto, punto focale di tutta la composizione, in un turbinio di spiriti celesti che gli fanno corona, disegnando con le loro ali intrecciate, una gran croce, domina Gesù, Colui al quale il Padre ha affidato ogni giudizio, proprio in virtù della croce con la quale Egli ha redento il mondo. Dal suo petto irraggia il cuore, pegno sicuro di misericordia nel giudizio, a testimonianza che se Gesù è il gaudio perenne del cielo, Egli è anche, per virtù dell'amore, la più certa speranza delle Anime purganti.

A destra del Sacro Cuore appare Colei che è regina del Purgatorio, non perché ne abbia mai attraversato le fiamme, ma perché ne è la più amabile consolatrice. Davanti a lei, a sinistra del Sacro Cuore, c'è San Giuseppe in atteggiamento d’intercessione, come la Madonna. Con volto supplice ed amorevole, illuminato da serena fiducia, essi implorano Gesù, le cui mani aperte e distese sembrano già accogliere in un abbraccio amoroso le Anime che salgono a Lui. A destra di chi guarda, l'arcangelo Michele, librato sulle ali, porge alle Anime del Purgatorio la simbolica fiamma della purificazione. In basso del dipinto, quasi al centro, un sacerdote inginocchiato su fiorite zolle erbose, offre il calice del sacrificio eucaristico e, alla sua destra, l'arcangelo Raffaele umilia al Signore le opere buone dei fedeli in forma di fiori e frutta. Alla sinistra del sacerdote, un turibolo fumante innalza le sue volute, simbolo della preghiera, fino al Sacro Cuore. Oltre la terra fiorita, le anime sulla via della purificazione, vanno assumendo atteggiamenti sempre più aperti di beatitudine ed esprimono riconoscenza verso coloro che con i suffragi le hanno aiutate nella purificazione. A mano a mano che esse si sollevano dal Purgatorio divengono sempre più candide e luminose; la più vicina al cielo é ricevuta dall'Arcangelo Gabriele che le porge la corona e il ramo d'ulivo, mentre riceve la luce della grazia, simboleggiata dal raggio che scaturisce dal Cuore di Gesù.

Il quadro, vasto e complesso, è degno di nota per la finezza di molti particolari (specialmente i volti delle Anime Sante, espressivi dei diversi sentimenti e stati d'animo nel regno dell'espiazione) disegnati con rara perizia ed efficacia.

 

 

 

La navata di sinistra

 

In questa navata, priva delle vetrate policrome che adornano e avvivano la navata di destra, l'attenzione è più decisamente richiamata dai colori del trittico della Madonna del Rosario circondata da Angeli e tra i Santi Caterina da Siena e Domenico da Guznam, che ne occupa la piccola abside. Il quadro, opera di Francesco Notari, ricorda vagamente le pale d'altare toscane, sia per l'armonia della composizione, sia per il vivace fondo d'oro delle formelle in basso, dal quale emergono le figure dei santi Zita, Agnese, Cecilia (a destra del tabernacolo) e Alfonso Maria de Liguori, Bernardino da Siena e Cirillo d'Alessandria (a sinistra). La cornice che racchiude il dipinto, ricca e movimentata da numerose piccole guglie, circoscrive nelle tre cuspidi terminali in alto la figura dell'Eterno Padre in trono (al centro) e la scena dell’Annunciazione con le figure dell'Arcangelo Gabriele e della Madonna (nelle due cuspidi laterali).

Gli altri due altari della navata sono dedicati a S. Gregorio Magno, rappresentato da G. B. Conti, nell'atto di celebrare la S. Messa, attorniato da monaci e Angeli in vari atteggiamenti; e a S. Antonio da Padova, raffigurato da Giuseppe Brugo mentre distribuisce il pane, ai poveri.

Nella navata di sinistra si trovano due notevoli opere: il monumento funebre di Mons. Pietro Benedetti M.S.C. (fig. 5), primo parroco della Chiesa, con la rappresentazione in bronzo di una Pietà, originale per concezione, con il Cristo morto disteso sul sepolcro (opera di G. B. Conti); e la cappella del battistero presso la porta laterale di sinistra. I bronzi che adornano il fonte battesimale sono opera squisita dello scultore veneziano Giovanni Bortotti. Il disegno della cappella e del fonte è dovuto all'architetto Gualandi che, come abbiamo già detto, ha curato minuziosamente tutti i minimi particolari della Chiesa, fino al disegno dei confessionali in legno, armonizzati stilisticamente con l'ambiente gotico del Santuario.

 

 

La sagrestia

 

Alla sagrestia si accede dal fondo della navata di destra. Nell'andito, di fronte alla porta è collocatoun bassorilievo marmoreo dello scultore G. Rondoni, a ricordo del p. Vittore Jouët, il quale - come dice l'epigrafe latina - «acceso di amore per il Cuore Sacratissimo di Gesù ed esemplarmente zelante per il suffragio delle Anime Sante del Purgatorio, fondò un'apposita Associazione e pose le fondamenta di questo tempio».

A sinistra si accede nella vera e propria sagrestia, ornata da ricchi mobili in stile gotico perfettamente intonati a tutto l'edificio e alla sua decorazione.

A destra, in un piccolo andito, si trova il così detto Museo del Purgatorio, meta di numerosi visitatori provenienti da ogni parte del mondo e argomento ritornante con una certa frequenza, sulle pagine di molti giornali e pubblicazioni italiane e straniere.

Ne parliamo nella seconda parte di queste brevi note sulla Chiesa del S. Cuore di Gesù, per chiarirne l'origine, il valore e gli scopi.

 

 

Il «Museo del Purgatorio»

 

Lo chiamano tutti così, anche le guide turistiche e le pubblicazioni sulla Roma più segreta ed imprevista; ma l'espressione è per lo meno inesatta, se non del tutto impropria. In realtà, si tratta di un’esigua raccolta di documenti vari e di cimeli veramente insoliti, sull' apparizione di Anime del Purgatorio Il tutto occupa una sola vetrina, esposta in un andito della sacrestia della Chiesa del S. Cuore, al Lungotevere Prati.

L'esiguità della raccolta, inizialmente, può suscitare delusione nei visitatori avendo in mente l'impegnativo termine di «Museo». Tuttavia non deve meravigliare, qualora si rifletta che non è cosa facilmente occorrente imbattersi in cimeli così singolari, muniti di quelle normali garanzie di autenticità, richieste per ogni testimonianza umana.

 

Come nacque il «Museo»

 

 

Nel maggio del 1893, il Padre Victor Jouët (1839-1912), zelante missionario marsigliese, vissuto per oltre 40 anni a Roma, dove anche morì, eresse un piccolo oratorio in via dei Cosmati, presso il Lungotevere dei Mellini, come sede dell'Associazione del S. Cuore di Gesù per il suffragio delle Anime Sante, da lui fondata.

L'idea di dar vita ad una simile associazione era nata nella mente e nel cuore del p. Jouët, dinanzi al letto di morte di un suo antico alunno e giovane confratello, Mons. Enrico Verjus, Vescovo di Limira (1860-1892) primo apostolo della Papuasia, morto ad Oleggio (Novara) suo paese natale, mentre era in Europa a sollecitare aiuti per la sua missione.

Infervorato della sua idea, il p. Jouët, aiutato da fedeli devoti delle Anime Sante e particolarmente dai suoi nobili congiunti di Francia, acquistò, nel 1894, un villino con annesso terreno fabbricabile di oltre mille metri quadrati, al Lungotevere Prati.

In attesa di poter costruire un degno santuario (la Chiesa attuale), egli officiò sul luogo una piccola cappella, che è all'origine del così detto «Museo del Purgatorio ».

Un giorno, precisamente il 15 novembre 1897, sull'altare della cappellina, adornato a festa, si sviluppò un incendio. In quell’occasione, ai molti fedeli che affollavano la cappella, parve scorgere tra le fiamme sulla parete a sinistra dell'altare, un’immagine nella quale riconobbero un viso sofferente.

Il fatto suscitò meraviglia, discussioni e polemiche non brevi. L'Autorità ecclesiastica, come suole avvenire in fatti del genere, non si pronunciò in merito e così ogni conclusione, a favore o contro la realtà

dell'apparizione, fu lasciata alla personale interpretazione dei fedeli; molti dei quali rimasero convinti che un'Anima del Purgatorio fosse realmente apparsa fra le fiamme dell'incendio.

Certo, l'immagine è ben visibile tuttora. Essa è stata conservata presso la. Porta della sacrestia dell'attuale chiesa, nascosta da un devoto trittico con Madonna fra Angeli. E' stata così difesa dalle offese del tempo e sottratta alla possibilità di troppo rapide conclusioni da parte di quei fedeli che sono disposti ad ammettere il soprannaturale, anche quando la Chiesa osserva un prudente riserbo.

Intanto il p. Jouët, sempre più animato dallo zelo per il suffragio delle Anime Sante, intraprese molti viaggi attraverso l'Italia, la Francia, la Germania, il Belgio, alla ricerca di qualunque testimonianza che si riferisse alla pietà per i defunti, e di qualsiasi ricordo, cimelio, tradizione che potesse richiamare i fedeli alla devozione per le Anime Sante.

Nacque così la raccolta, che egli stesso chiamò «Museo cristiano d'Oltretomba», di impronte straordinarie, documenti originali o fotografati, segni e manifestazioni di vario genere, aventi per oggetto i rapporti fra i vivi e i defunti, atti a suscitar la pietà del suffragio per le Anime del Purgatorio.

Fino al 1920, tutti questi cimeli, molto più numerosi di quanti ne siano ora conservati, furono esposti al pubblico in una vasta sala della casa adiacente all'attuale chiesa, della quale frattanto il p. Jouët, con l'aiuto e la benedizione di San Pio X, aveva poste le fondamenta.

Al p. Jouët, morto nel 1912 proprio nella sala del suo «Museo cristiano d'Oltretomba», successe nella direzione dell'Opera il p. Pietro Benedetti M.S.C., che incrementò la vita dell'Arciconfraternita e condusse a termine la costruzione della chiesa, con il benevolo e fattivo sostegno del Sommo Pontefice Benedetto XV.

Il p. Gilla Gremigni M.S.C. che successe al p. Benedetti (nominato Vescovo), nella direzione della Opera, volle riordinare, per una conservazione più discreta e più conforme allo spirito della Chiesa, l'esposizione dei cimeli, eliminando quelli che non avessero una documentazione seriamente probativa e conservando soltanto quelli che, per valore di testimonianze, potessero offrire ad ogni critica, non aprioristicamente negativa, una solida garanzia di autenticità.

Rimasero così solo i pochi cimeli, che sono ora esposti in un andito della sacrestia, a perpetuare il titolo, più o meno appropriato, di «Museo cristiano d'Oltretomba», che gli fu assegnato dal p. Jouët, allorché iniziò la raccolta degli straordinari documenti.

 

Valore delle documentazioni

 

Sarà bene stabilire, prima di procedere all'esame dei cimeli esposti, quale valore abbiano queste documentazioni.

Evidentemente, si tratta di un valore soltanto umano. Esse non possono costituire, cioè, una prova di realtà riguardanti la fede. La fede, come ognun sa, è basata su altri motivi, ben al di là delle prove sensibili. Umanamente, questi cimeli sono testimonianze di fatti che hanno la garanzia di persone riconosciute degne di fede, molte volte da parte di Autorità pubbliche, in seguito ad accurate indagini ed esami. Come abbiamo già detto, la documentazione dei cimeli esposti nel « Museo del Purgatorio » é raccolta nella collezione della rivista «Il Purgatorio visitato dalla carità dei fedeli», bollettino dell'Arciconfraternita del S. Cuore del Suffragio.

In ordine alla fede, i cimeli esposti nella vetrina del « Museo » non costituiscono, né vogliono costituire, prova della realtà del Purgatorio né a priori a posteriori. Possono, però, suscitare o ravvivare, in anime ben disposte, e non pregiudizialmente scettiche, la devozione per i defunti e richiamarle al dovere cristiano del suffragio. Per questo, e soltanto per questo, il «Museo» ha ragione d’essere; e solo per questa ragione, San Pio X volle che fosse conservato e custodito anche quando, alla morte del p. Jouët, parve che dovesse andare disperso.

Affinché la visita ai cimeli conservati nel «Museo» giovi al raggiungimento dello scopo per il quale furono raccolti e conservati dal Padre Jouët e salvati dalla dispersione per l'intervento di San Pio X, i visitatori dovrebbero evitare « due scogli, posti agli estremi di sentimenti contraddittori » - diceva monsignor Pietro Benedetti M.S.C., primo successore e continuatore, per volontà di San Pio X.

 

 

Note di «Dottrina Cristiana»

 

La visita al "Museo del Purgatorio" può costituire una buona occasione per rivedere i punti principali della dottrina cristiana sulle "ultime realtà della vita".

Nel "Credo" noi professiamo di "aspettare la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà". Di fronte a questo articolo della fede bisogna evitare di affidarsi ciecamente alle varie congetture ed ipotesi, che cercano di sviluppare i dati della rivelazione, la quale è molto sobria su questo punto e niente affatto indulgente a soddisfare la nostra curiosità. Bisogna soprattutto evitare di seguire la fantasia popolare che, nel desiderio di rendere più percettibile una vita che ci è sconosciuta, ha spesso prospettato rappresentazioni del mondo ultraterreno, illuminate a volte da bagliori di vivida poesia e, più frequentemente, segnate da bizzarrie del tutto immaginarie, estranee alla fede, le quali hanno influenzato la pietà popolare, lasciandovi tracce profonde.

La "Divina Commedia" di Dante e le rappresentazioni medievali dell'Inferno con relativi diavoli mostruosi, del Purgatorio con anime martoriate e del Paradiso con prati verdeggianti irrigati da limpidi ruscelli, possono essere esempi di queste fantasiose costruzioni.

Il contenuto autentico della fede cattolica sulla vita futura - il solo cui si deve aderire - è stato nuovamente esposto dai Padri conciliari del Vaticano II, nel cap. VII della costituzione dogmatica Lumen gentium, ripetuto, nel 1979, dalla lettera della S. Congregazione per la dottrina della fede su «alcune questioni concernenti l'escatologia». Il capitolo del documento conciliare è dedicato all' «indole escatologica della Chiesa pellegrinante e dell'unione di questa con la Chiesa del cielo ». E' dedicato, cioè, al carattere, alla realtà vera, definitiva, della Chiesa che, dopo la fase terrena, si compirà e perfezionerà nella unione risolutiva, finale, degli uomini con Dio in Cristo.

Il testo, riprendendo un discorso, già iniziato, sulla Chiesa come comunione di tutto il Corpo Mistico di Gesù Cristo, afferma che questa comunione abbraccia tutti i cristiani, siano ancora "pellegrini sulla terra", o, "già passati da questa vita, stiano purificandosi", o godendo "della gloria, nella chiara contemplazione di Dio uno e trino, qual è".

Queste parole ripropongono, con termini diversi, la classica distinzione, che non vuol dire separazione, della Chiesa militante, purgante, trionfante, secondo il più comune linguaggio del catechismo tradizionale.

Per quel che riguarda il Purgatorio, il testo conciliare dice che alla comunione della Chiesa appartengono anche coloro che "passati da questa vita, stanno purificandosi". Purgarsi e purificarsi sono sinonimi che esprimono lo stesso concetto. La verità, quindi, di una purificazione dopo morte, vale a dire di quel che comunemente chiamiamo il Purgatorio, è affermata dal Concilio Vaticano II, non meno che dai precedenti Concili, ai quali espressamente il Vaticano Il si richiama.

Per quel che riguarda le relazioni fra vivi e defunti, il testo conciliare, dopo aver dichiarato che "tutti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui", afferma che "l'unione dei viatori con i fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione di beni spirituali". Queste parole, mentre confermano - secondo l'espressione conciliare - la perenne fede della Chiesa, nell’unione in Cristo di tutti i fratelli vivi e defunti, rinnovano altresì negli animi, addolorati per la morte dei propri cari, il conforto di una certezza di permanente comunione con loro, sempre vivi in Dio, e di una possibilità di comunicazione di beni spirituali - quel che comunemente chiamiamo suffragi - tante volte affermata dalla liturgia e dalla letteratura cristiana.

Tra i visitatori del "Museo del Purgatorio" si possono trovare sia quelli mossi da semplice curiosità, sia quelli animati da sentimenti di viva devozione. Che gli uni e gli altri sappiano ritrarre dalla visita a questi straordinari cimeli, un serio richiamo ad una più esatta e purificata conoscenza delle verità cristiane sulla vita futura ed un efficace incitamento a ravvivare la carità del suffragio per i defunti, sempre uniti a noi in Cristo, nella "comunicazione di beni spirituali".

 

Descrizione dei Cimeli

 

1

 

Riproduzione fotografica dell'Altare della Madonna del Rosario di una cappella esistente prima dell'anno 1900, tra la chiesa attuale e la casa religiosa. E' visibile l'immagine rimasta sulla parete dopo il piccolo incendio avvenuto il 15 novembre 1897.

 

 

2

 

Impronta di tre dita lasciata la domenica 5 marzo 1871 sul libro di devozione di Maria Zaganti della Parrocchia di S. Andrea di Poggio Berni (Rimini) dalla defunta Palmira Rastelli, sorella del Parroco, morta il 28 dicembre 1870, la quale chiedeva, per mezzo dell'amica, al fratello don Sante Rastelli, l'applicazione di sante Messe.

 

 

3

 

Apparizione, nel 1875, di Luisa Le Sénèchal, nata a Chanvrières, morta il 7 maggio 1873, a suo marito Luigi Le Sénèchal, nella loro casa di Ducey (Manche - Francia) per chiedergli preghiere e lasciandogli come segno l'impronta di cinque dita sul berretto da notte.

Secondo il racconto autentico dell'apparizione la bruciatura sul berretto fu fatta dalla defunta Le Sénèchal perché il marito documentasse con segno visibile alla figlia, la richiesta di celebrazione di sante Messe.

 

 

4

 

Facsimile fotografico (l'originale si conserva a Winnenberg) di un’impronta di fuoco lasciata, il sabato 13 ottobre 1696, sul grembiule di suor Maria Herendorps, religiosa conversa del monastero Benedettino di Winnenberg presso Warendorf (Westfalia), dalla mano della defunta suor Chiara Schoelers, religiosa corista del medesimo Ordine, morta di peste nel 1637.

Nel basso della fotografia c'è l'impronta bruciata di due mani, lasciata dalla stessa Suora sopra una striscia di tela.

 

 

5

 

Fotografia di un'impronta lasciata dalla defunta signora Leleux sulla manica della camicia di suo figlio Giuseppe nella sua apparizione, la notte del 21 giugno 1789, a Wodecq (Belgio).

Secondo il racconto del figlio, la madre era morta da 27 anni, quando gli apparve la notte del 21 giugno 1789, dopo che per undici notti di seguito egli aveva inteso rumori che l'avevano spaventato e reso quasi malato. La madre gli ricordava obblighi di sante Messe, come da legato paterno, e gli rimproverava la vita dissipata, pregandolo di cambiare condotta e di lavorare per la Chiesa. Quindi gli pose la mano sulla manica della camicia, lasciandovi un'impronta visibilissima.

Giuseppe Leleux si ravvide e fondò una Congregazione di pii laici. Morì in concetto di santità il 19 aprile 1825.

 

 

6

 

Impronta di fuoco lasciata da un dito della pia suor Maria di san Luigi Gonzaga, apparsa a suor Margherita del S. Cuore la notte tra il 5 e il 6 giugno 1894.

La relazione del fatto, conservata nel monastero di S. Chiara del Bambino Gesù di Bastia (Perugia) racconta come la suddetta suor Maria di san Luigi Gonzaga, soffrendo da circa due anni di tisi con forti febbri, tosse, asma ed emottisi, fosse presa da scoraggiamento e quindi dal desiderio di morire subito per non soffrire. Essendo molto fervorosa, all'esortazione della Madre superiora, si rimise con calma alla volontà di Dio. Alcuni giorni dopo, la mattina del 5 giugno 1894, santamente spirò.

Apparve nella notte tra il 5 e il 6 giugno, vestita da Clarissa, circondata da ombre, ma riconoscibile. A suor Margherita meravigliata rispose che era in Purgatorio, per espiare il suo moto di impazienza di fronte alla volontà di Dio. Chiese preghiere di suffragio e, per attestare la realtà della sua apparizione, posò l'indice sulla fodera del cuscino e promise di tornare. Riapparve, infatti, alla medesima Suora il 20 e il 25 giugno per ringraziare e per dare avvisi spirituali alla Comunità, prima di volarsene al cielo.

 

 

7

 

Impronte lasciate su una tavoletta di legno, sul panno della manica della tonaca e sulla tela della camicia della venerabile madre Isabella Fornari, badessa delle Clarisse del monastero di san Francesco a Todi, dalle mani del defunto P. Panzini, abate Olivetano di Mantova, il 1° novembre 1731. Sono quattro impronte: una della mano sinistra sopra una tavoletta di cui si serviva la venerabile Badessa per il suo lavoro (è molto ben visibile con un segno di croce impresso profondamente nel legno). La seconda, della stessa mano sinistra, su un foglio di carta. Un'altra impronta della mano destra, sulla manica della tonaca. La quarta è la medesima impressione che, oltrepassando la tonaca, ha bruciato la tela della camicia della Suora, macchiata di sangue. La relazione del fatto è data dal P. Isidoro Gazala del SS.mo Crocefisso, confessore della Venerabile, alla quale ordinò per obbedienza di tagliare i pezzi della tonaca e della camicia e della tavoletta, perché gli fossero consegnati e quindi conservati.

8

 

Impronta lasciata sopra un libro di Margherita Demmerlé, della Parrocchia di Ellinghen (Diocesi di Metz), dalla suocera apparsale 30 anni dopo la morte (1785-1815). La defunta appariva nel costume del paese come una pellegrina: scendeva dalla scala del granaio, gemendo e guardando con tristezza la nuora, quasi a chiederle qualche cosa.

 

Margherita Demmerlé, consigliata dal Parroco, in una successiva apparizione le rivolse la parola ed ebbe questa risposta: « Sono tua suocera morta di parto 30 anni fa. Va in pellegrinaggio al Santuario di N. Signora di Mariental e qui fa celebrare due sante Messe per me».

Dopo il pellegrinaggio, l'apparizione si mostrò di nuovo per annunciare a Margherita la sua liberazione dal Purgatorio. Alla nuora che, per consiglio del Parroco domanda un segno, lascia, posando la mano sul libro «L'Imitazione di Cristo», il segno della bruciatura.

In seguito non compare più.

9

 

Impronta di fuoco che lasciò il defunto Giuseppe Schitz, toccando con l'estremità delle cinque dita della mano destra un libro di preghiere in lingua tedesca, di suo fratello Giorgio il 21 dicembre 1838, a Sarralbe (Lorena).

Il defunto chiedeva preghiere di suffragio per riparare la sua poca pietà in vita.

 

 

10

 

Riproduzione di una carta da Lire 10. Tra il 18 agosto e il 9 novembre 1919, ne furono lasciate complessivamente 30, presso il Monastero di san Leonardo in Montefalco, da un sacerdote defunto, che chiedeva ap-plicazioni di sante Messe. (L'originale di questo biglietto di Banca è stato restituito al Monastero di san Leonardo, dove e conservato).